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DIARIO DI BORDO 1

 




GENNAIO, 12

Alla ricerca della spada del Master


E così... mite la notte s'apprestava, cullando l'oste fra le pozzanghere melense della lattrina, prestando lieta il lobo agli insulti degli inservienti, donando uno sguardo al guerriero senza occhi che s'incamminava lungo il porto, carezzando i pomi degli utensili del cacciatore e del suo sgherro, sussurrando parole infuocate al sacerdote, conducendo per mano la cercatrice nelle lande, facendo grattini a Susanna e al trollatroll che impugnava come un orsacchiotto, deliziando le donzelle del "piano di sopra" e i loro cantici, e cullando infine tutti gli avventurieri reduci di una serata di vittorie e bagordi, a velar il fato dell'indomani col suo manto invernale stellato. L'aurora sorrideva, brillante e raggiante in un turbinio di riflessi multicolori, le Lune gemelle lacrimavano fonti di gioia e speranza. La Taverna del drago avrebbe adempiuto al suo dovere sacrosanto, incamminandosi l'indomani, al sorger del sole, in direzione di Montenero, deliziando la neve con orme aggraziate come quelle di fatine orchesce. Una nuova avventura prendeva vita, ma un oscuro fatuo si celava nell'ombra della Sacra Spada, grugnendo e saggiando le gesta di quel rivale atteso da oramai troppe decadi...


La ciurma della Taverna del Drago era partita di tutto punto per l'escursione alle prime luci dell'alba; la rotta dipinta dai monsoni di nord est in direzione della capitale si rifletteva oramai nelle stelle, le quali si specchiavano sulle onde spumeggianti del mare che titillava la baia di Castel Montenero. Re Morein, ex membro del "circolo" e amico del Taverniere, aveva custodito per lui negli anni, e per la schiera di indomiti ubriaconi che il vecchio aveva radunato, la "Bloody Mary", la nave con la quale in passato il buon Botark'Lem aveva solcato i 7 mari. La spiaggia carezzata dalla frizzante brezza marina invernale, profumata di salsedine e allietata dal canto di sparuti gabbiani, era covo del più grande porto di tutta l'Isola di Ferro, scalo di ogni marinaio dedito alla pirateria. Ma il compito del clan era segnato dal fato e li avrebbe spinti a cavalcar le correnti verso la Valle Smeraldo. Nella sera di quell'inverno i masnadieri eran intenti a radunar il carico di provviste nella stiva. Il Taverniere, per la prima volta da quando il gruppo s'era unito, mostrava un volto solenne e fiero, ma soprattutto felice. Presto avrebbe riposto la spada di famiglia nel fodero, se lo sentiva. Il richiamo era tutt'altro che un flebile sussurro...


GENNAIO, 13


La notte era trascorsa lieta, il mare aveva cullato la Bloody Mary e il suo equipaggio con la cura di una balia, le correnti avevano sospinto la ciurma fino alla costa Nord della Valle Smeraldo, alla foce del fiume Dunge, là dove svettavano le torri dorate dell'antica abazia di Pietrarunica. Il corpo di Alberto penzolava a prua come un manichino, sembrava stesse ancora danzando, così come soleva fare qualche Luna prima alla Taverna, laddove il viaggio dei prodi marinai aveva saggiato la sua alba. Lo spirito di Dorothy, sazio e beo, aveva aleggiato di vela in vela fino al sorgere del sole, assicurando al timoniere senz'occhio una rotta certa. In quella giornata memorabile il Taverniere avrebbe incontrato i sacri sacerdoti dell'ordine di Toras, avrebbe necessitato del loro benestare per il proseguo della missione. Il resto dell'equipaggio, nel frattempo, avrebbe instaurato ottimi rapporti nel porto della solenne baia...


Le giornate invernali mai corsero veloci come quella... Dopo aver ricevuto il benestare dei sacerdoti del drago Toras per solcare le acque della Valle Smeraldo i nostri eroi temprarono corpo e mente sollazzandosi sul ponte del vascello, bevendo birra e pescando. Il cuoco avrebbe avuto un grande ardire nel mostrare il suo valor culinario quella serata. Chi invece del moto ondoso era annoiato si recò al molo, chi per visitare le magnificenze del luogo secolare, chi per gettar l'occhio agli anfratti femminili che bazzicavan fra le bancarelle. Solo Dagomar, restio per via del suo passato, rimase celato nella stiva, contemplando i resti d'Alberto e ciò che grazie ad essi GIUDA aveva progettato. Con l'imbrunire s'apprestarono tutti ad affiancare il Taverniere nella corsa che li avrebbe portati, a suon di remi, a risalire il Dùnge nell'entroterra, deliziati forse dal suon del flauto di Susano, deliziati, chissà, dal ritmo della frusta del capitano...


GENNAIO, 14


La seconda notte del viaggio fortunatamente passò incolume ma non certo esente da stranezze e pericoli. Il cerchio magico di protezione che Dagomar aveva stretto attorno alla Bloody Mary aveva adempiuto al suo dovere, le anime oscure erranti che dimoravano nelle terre selvagge non sembravano aver notato la loro presenza, unica quella ragazza, una vagabonda dalla ferrea costituzione e dal nome singolare e promettente, la quale s'era presentata sul ponte del vascello come un'apparizione mariana, stupenda e luminosa nel suo corpo di donna. Il cadavere penzolante di Gork affisso all'albero maestro come uno stendardo aveva attirato i corvi, i quali, canticchiando allegri, banchettavano alla salute della ciurma. Il capitano sapeva bene che quanto avrebbe versato alla natura tanto avrebbe ricevuto, ogni viaggio necessitava d'uno scotto anticipato per la sua buona riuscita, e Botark non aveva perso tempo nel metter le mani avanti... Qualcosa nel suo sguardo, però, avrebbe attirato l'attenzione di un attento osservatore... Non palesava la solita fermezza e sicurezza, tutt'altro, un ombra cupa e doma era celata da una pupilla vitrea e pensosa. Il gruppo era oramai giunto a destinazione, difatti, ed il richiamo del sangue emanato dalla spada si faceva sempre più forte. Non era più un sussurro flebile e lontano, ma un vero e proprio grido di dolore...


La bruma mattutina s'era dissipata, il clima rigido invernale mascherava la fauna della valle del fiume Dùnge col suo manto gelido di silenzio. Una fitta coltre di rugiada s'era cristallizzata sulle punticine erbose che risalivano un suolo umido, ricco e fertile; la neve non aveva attecchito in quel territorio riparato dei venti gelidi d'oltreoceano. La ciurma seguiva le disposizioni del Taverniere e a colpi di machete e sciabola si faceva strada in quella giungla inesplorata di cipressi e canne. A breve il paesaggio sarebbe mutato, nel momento in cui si sarebbero addentarti nei meandri del bosco Shùra. Il nome derivava da una antica popolazione indigena omonima, nota per abitare le acque del fiume e delle sue diramazioni come primitivi. Si diceva che praticassero riti tribali di cannibalismo e sacrifici, ed il capitano della marmaglia ben sapeva che non eran solo racconti sputati al vento...



Giunto l'imbrunire il drappello era oramai giunto a destinazione, una vasta piana si stagliava al di fuori del bosco. Tutto sembrava essere andato per il meglio, almeno fino a quel momento...
<Proseguiamo, branco di molluschi!!!> Il taverniere continuava a spronare i suoi uomini nonostante la tensione che vampava sui loro volti sfogando in guance tese e paonazze.
<Delle orme!!> Gridarono le vedette.
<Guardate ad est!! Andiamo in quella direzione!!> A poca distanza le torri di una roccaforte in rovina si stagliavano all'orizzonte. <In marcia!!>
Non impiegarono molto a crearsi un sentiero nell'erba alta, adombrati dal calar del sole. Quando furono nei pressi della costruzione tutti ebbero un sussulto. Un rantolo, demoniaco e baritonale, sopraggiunse da una cavità sepolta nella terra attigua all'entrata. <Una grotta... Ci siamo...>
<Cos'è stato quel ringhio!?> chiese qualcuno.
<Dove proseguiamo, Botark!? Nella rocca!? Nella cava!?> L'indecisione regnava sovrana...

E così il gruppo aveva scelto unanimamente, alcuni sarebbero rimasti a guardia della cava, mentre il Taverniere e suoi più stretti avrebbero fatto irruzione nel maniero. Mentre la notte incombeva l'oscurità progrediva, ogni singolo impercettibile rumore pareva amplificarsi in quel teatro di sorpresa e paura.

La sala che si prospettò loro dinanzi era enorme come la gola di gigante, pareva inghiottirli nel buio più totale e condurli in un luogo al di là del tempo, nel passato. Dipinti angusti adornavano le pareti semidiroccate, delle scale portavano a un atrio superiore che si specchiava su quelle che una volta dovevan esser le stanze baronali, ora ripostigli di ragnetele e legna marcita, mentre altre scendevano in uno scantinato spoglio dove gli unici viventi erano gli scarafaggi e i topi. Il Taverniere fu così costretto ad utilizzare nuovamente il flusso di magia per individuare la strada, finché un varco celato agli occhi scintillò fra le mura di Nord Ovest. <Attenderemo l'indomani per scendere>, disse infine. Lo sforzo gli aveva consumato ogni energia. Oltre quel passaggio, era certo stavolta, un nemico era pronto a tender loro un agguato nell'ombra


GENNAIO, 15

"Un'altra notte incolumi", pensò il Taverniere. "Gli Dei sembrano sorriderci..." Avevano recuperato le forze, erano pronti per l'ultimo tratto della missione. Avrebbero esplorato le cavità nascoste dalla porta segreta, ed era da là che giungeva il richiamo fatidico della spada. Radunarono l'equipaggiamento, illuminati dal bagliore incantato del flusso magico del vecchio, ed iniziarono a tastare il muro. <Un mattone si muove!> Un clangore di pulegge e catene arrugginite echeggiò all'interno delle mura della costruzione e, dopo appena qualche istante, una porta scorrevole dapprima invisibile scivolò di lato, lasciando libero spazio alla vista di un tunnel che scendeva nelle profondità della Terra. <Andiamo!> Il passaggio, tetro e nero come l'animo di una creatura di Shadar Logoth , dallo stretto cunicolo scavato nella pietra che sembrava divenne ampio come l'antro di un castello. <Una voragine!!> Si ritrovarono in una grotta, gelida come l'abbraccio della morte, dove stalattiti e stalagmiti riflettevano la luce magica creando ombre e figure inanimate e terrificanti. Il passaggio si tramutò in un cunicolo sospeso sul nulla, senza via di scampo laterali, un unica via che li portava nell'oscurità più remota...

L'occhio attento del generale Billi fu così arguto da scovare simboli arcani nella grotta, e, sotto ad essi, grandi praline di una sostanza scura densa e melliflua.
<Sterco di drago, per gli Dei!>
Era chiaro oramai cosa aspettava gli eroi all'orefizio di quella cavità, l'unica possibilità che avevano era quella di proseguire ed affrontare un destino insaziabile...
<Forza, proseguiamo!!> Inveì il taverniere, e come un sol gregge la ciurma levò le ancore e salpò verso la battaglia...

Giunti al termine della discesa i nostri eroi si trovarono al cospetto di una parete granitica. In essa v'era incastonata una cavità a forma di imbuto, abbastanza larga per passarvi tutti assieme, sufficientemente lunga da non scorgerne la fine. Il varco aveva tratti unici, totalmente differente dallo stile architettonico del tragitto percorso fino a lì. Non pareva né artificiale né naturale, non era stata l'erosione a crearlo, di certo, ma nemmeno un piccone e la mano dell'uomo... Era come se la roccia fosse stata scavata con unghia enormi, affilate quanto quelle di un demonio! Appena sopra di esso v'era un tratto di parete liscia, lavorata a scalpello, sulla quale risaltavano delle incisioni, parole di una lingua antica ormai persa nei ricordi.. Così citava: Woe to you, oh earth and sea, for the Devil sends the beast with wrath, because he knows the time is short. Let him who hath understanding reckon the number of the beast... For it is a human number, Its number, is six hundred and sixty-six..."


Finalmente giunsero nell'abisso più profondo, all'ultima camera prima del traguardo, il teatro ove avrebbero mirato coi propri occhi l'oscurità più tetra dell'immaginazione del creatore, l'incarnazione del male e del terrore. Il passaggio li aveva condotti ad un'ampia sala regia colma di tesori, oro e argento, granati e smeraldi ed altri preziosi, armi di ogni genere e fattura, accatastate le una sulle altre come le ossa delle prede dinanzi alla tana del predatore, a creare un mare infinito di gioielli e tesori. Ma qualcosa v'era che non quadrava in quell'enorme gabbia di diamante, ed era il fatto che, incredibilmente, fosse disabitata. <Eppure... Ero sicuro che...> Il legame, il richiamo, l'avevano portato fino a lì, ma in quell'istante non riusciva a percepirlo. Mirarono la luce abbagliante che faceva risplendere la stanza come fosse una stella, essa proveniva dal soffitto, o meglio, da un'apertura che s'inerpicava nella terra fino a raggiungere la piana dove sorgeva la rocca. Era da quel canale che i fasci lunari raggiungevano il sottosuolo, laddove ora si trovavano, donando vita a quel mosaico di spettacolari giochi luminescenti. Avrebbero dovuto attendere, ancora un poco, prima di portare a termine la loro avventura...


GENNAIO, 16

Ed improvviso, come una lama che s'infrange nelle scapole nel buio della notte, ma silenzioso come il tuono più potente che gli Dei abbiano mai scatenato sulla Terra, un'enorme creatura alata color rubino, un drago, rosso come il sangue, una Matrona ancestrale, di quelle narrate in tutte le storie del Taverniere, si gettò in picchiata dal cielo al centro del cunicolo, atterrando fra gli ori e gli argenti dell'immensa tana facendoli schizzare in aria, vomitando su sé stessa colonne infuocate ed innalzando una cortina di fumo dall'odore nauseabondo e sulfureo. Le vedette non fecero nemmeno in tempo a gridare l'allarme che ella, ringhiante e bramosa di vendetta, cercava gli occhi del suo antico nemico. Se avesse potuto parlare la sua lingua gli avrebbe detto che aveva inghiottito la sua spada appositamente per attirarlo, perché ne conosceva il legame, in quanto egli, quel semplice e misero umano, era colui che aveva fatto a brandelli il suo amato figlio dieci anni addietro, e segregato il compagno nelle pieghe del tempo e dello spazio, lontano dal mondo. Sapeva che la ciurma era lì, ad attenderla, lo sapeva eccome. Attaccò talmente di soprassalto che taluni manco fecero in tempo a svegliarsi...

Dopo un intera notte di combattimenti l'arroganza della creatura finalmente parve domata. Incatenata a terra, presidiata dai colpi di una furente ciurma, non aveva vie di scampo. I suoi occhi, colmi di odio, sarebbero rimasti impressi nei ricordi dei guerrieri per tutta la loro vita. <Le spalanco quelle fauci e le stappo le interiora!!> Le parole del Taverniere tuonarono come colpi di batteria durante un concerto metallico. Lesto, impavido, si gettò all'interno di quella bocca affamata per estrapolarne le viscere. Il guercio approfittò del momento per infierire un unico e duro colpo, quello finale. La testa del mostro rotolò di qualche metro sui tesori che le avevano fatto da alcova nei millenni di prigionia. Per lo meno, adesso era libera... Botark recuperò la sua spada nel ventre rigonfio dell'immonda anima, e rivestito di sangue e bile, le squarciò le carni, cospargendo i preziosi di un macabro mosaico scarlatto. La missione era al culmine, ma un altro pericolo incombeva dall'alto, la matrona non era sola... Un alfa piombò dal cielo nei meandri delle profondità della terra guidato anche esso dalla sete di vendetta...

Infine, dopo un'altra dura lotta, dopo il sacrificio di Robertfox, che ci aveva lasciato una gamba, a quello di Rubaldo, il quale corpo avea arso come un falò, di Billi, che pur di abbattere le bestie s'accingeva a menar testate e pugnalate a più non posso, scatenando l'ira furibonda del suo "io" nascosto, dopo il duro lavoro che TUTTA la ciurma al completo aveva svolto, anche l'Alfa fu abbattuto.
Dapprima ci fu il silenzio, gli uomini rimasero a contemplare i loro stanchi corpi pieni di sterco, simili a burattini in attesa che il giocoliere strattonasse i fili, poi, l'infinitamente attesa esultanza. I draghi erano stati sconfitti, la spada del Master ritrovata, non avevano avuto perdite... Non sarebbe potuta andare meglio di così.
Prima ancor che scese la notte ripercorsero il tragitto in direzione della barca, lasciando solamente qualche uomo a guardia del bottino. Ci misero un attimo a superare le radure e i boschi degli Shùra, come altrettanto impiegarono un non nulla a svuotare il grande carro sulla nave dai barili di birra. Avrebbero festeggiato, eccome se lo avrebbero fatto!
Una delegazione fu inviata a recuperare il tesoro, mentre gli abili combattenti si godevano finalmente il meritato riposo in attesa del ritorno alla Taverna, la loro casa, in direzione della loro futura missione!!