VAI ALL'ELENCO DELLE STORIE CLICCANDO SULL'IMMAGINE!

DIARIO DI BORDO 5

 


Ritorno al passato

scritto da: 

"Il timoniere in seconda, Billi"




Nelle ultime settimane sopra Grosten era calato lentamente ma inesorabile l'inverno. La neve aveva imbiancato più precocemente del solito i tetti delle case e le vie della città che dal porto salivano fino alle colline. Dai comignoli si innalzavano senza sosta i neri fumi della legna bruciata nei camini delle case dei marinai in licenza dai lunghi viaggi commerciali e dalle scorribande corsare, e nonostante l'atmosfera gelata, la taverna sembrava un tumulto continuo. Nuovi membri si erano arruolati nella ciurma. I nani che non si vedevano a Grosten dai vecchi tempi delle barcacce runiche, sembravano essere tornati in gran numero, segnale che qualcosa stava cambiando nel mondo. Oltre ai nani altre strane figure bussarono al portone della Taverna. Nello specifico un vecchio, orbo e ricurvo sotto la grande mantella che celava la quasi totalità del corpo, si mise comodo al tavolo della sala comune. Sembrava essere a suo agio e pareva conoscesse perfettamente la ciurma e i suoi segreti. Oltre che abusare della collezione privata di rum del receptionist, si preoccupò di informarsi sui movimenti del Taverniere, vero obbiettivo della sua visita, tant'è che appurata la sua assenza partì senza indugi facendo balenare una luce sinistra dall'occhio mancante. 


Il suo arrivo scatenò in Botark una furia difficile da spiegare, ma la strana visita, insieme alle notizie in arrivo dalla Pietrarunica circa l'elezione del nuovo Gran sacerdote, degli schieramenti nemici di Giganti e Felix sempre più numerosi al confine della valle, e la prossima fine del mondo prevista dai sacerdoti di Toras, suggerivano una burrasca in arrivo sul mondo e la taverna ancora una volta sarebbe stata il centro del ciclone. Il circolo di Grosten, che governa la città marinara, aveva deciso che la Taverna avrebbe dovuto guidare ancora una volta l'avanguardia nella guerra contro i giganti e i Felix. La Taverna aveva un debito con la valle e sarebbe stata l'occasione per ricucire vecchie ferite che laceravano i rapporti con Pietrarunica e Coburgo. Botark non digerì facilmente la decisione di salpare per la guerra ma ordinò comunque l'adunata alla Taverna. Armature, spade e mazze, mantelli e scarponi caldi furono radunati per affrontare una lunga marcia sotto la nevicata che non accennava a diminuire nelle isole di Ferro.


La sera seguente, al cospetto dei suoi guerrieri, Botark decise di spiegare il suo piano che da giorni lo tormentata e lo faceva dormire a stento. Mostrò alla ciurma come il tempo possa essere modificato, stirato, riavvolto e manipolato. Un potere terribile, enorme, potenzialmente senza confini, che spaventò tutti tranne Botark, che sembrava maneggiarlo con una naturalezza innata e dal quale estraeva flusso illimitato. Mostrò a tutti il futuro al quale erano stati destinati dagli dèi. Fiamme ovunque, fuoco, dolore e morte facevano da cornice al Ragnarok. La fine del mondo sarebbe stato il loro fato, e potevano evitarlo soltanto dando la caccia alle divinità e sterminandole tutte. Stavolta sarebbero stati gli Dei ad affrontare l'ordalia sotto il tremendo giudizio del padrone del tempo.

Nonostante i dubbi che aleggiavano intorno alla situazione, Botark prese la sua decisione. Gli serviva il monaco Fellons, l'unico a conoscenza dell'incantesimo traccia anima e sospettava che si trovasse in compagnia del divino Odin, il vecchio orbo che aveva fatto visita alla Taverna. Gli serviva un gruppo di cacciatori che trovassero la sua preda e che non si fermassero mai, nemmeno davanti alla morte. Billi li avrebbe guidati. Il Farkras mannaro e i suoi cercatori avrebbero condiviso i poteri, i dolori e la forza. Vincolati da un giuramento di sangue, avrebbero seguito le tracce del missionario e lo avrebbero condotto ai piedi di Botark.

I giorni passavano veloci alla taverna, tra i preparativi giù al molo e il progetto della nuova latrina mobile, e il giorno atteso arrivò in un lampo. La notte era appena calata sul porto di Grosten quando il Taverniere ordinò ai suoi cacciatori di prepararsi a viaggiare veloci. I cavalli, recuperati e preparati ad una lunga cavalcata, attendevano fuori dalla Taverna sbuffando nuvole di aria condensata ad ogni respiro. Pelli di lupo nero! Così Botark troncò sul nascere eventuali lamentele circa il clima che attendeva la missione. Le pelli erano spesse e avrebbero mantenuto al caldo i guerrieri. Il Taverniere radunò i suoi fedeli e con poche parole decise gli rammentò del compito al quale avrebbero dovuto adempiere. Il piano era semplice: trovare Fellons, l'abate a capo del priorato di Ambrador, custode dell'incantesimo traccia anima, alleato degli dei e mago potente, e portarlo a Botark vivo.


Dopo pochi scambi di vedute la spedizione partí per le vie di Grosten, in direzione delle colline, tenendo un passo svelto. Gli zoccoli risuonavano nei vicoli al passaggio fulmineo del gruppo che, dopo pochi km percorsi al galoppo venne catapultato magicamente in un altro territorio. Botark, utilizzando la sua magia aveva contratto lo spazio e tempo e aveva portato i suoi cacciatori a nord, oltre Castel Montenero, con un battito di ciglia. Ambrador era a poche miglia a Ovest e in pochi minuti l'avrebbero raggiunta. Potevano entrare in città senza farsi notare o usare il potere del Farkras per farsi largo tra le schiere di nemici. Infine scelsero. Sarebbero stati pellegrini in viaggio per vedere il priore e chiedere la grazia, mantenendo un basso profilo e scatenando la bestia solo in casi estremi.

Superati lunghi fiumiciattoli di reflui e profondi canali fognari arrivarono alle porte della cittadina. Al cancello tre guardie armate di spade e balestre da guerra si insospettirono quasi subito al cospetto dello strano gruppo di pii viaggiatori e la volontà di vederci chiaro, mista all'incapacità di gestire la situazione dei cacciatori, scatenò uno scontro mortale. Il gruppo della Taverna massacrò senza pietà i soldati e in tutta fretta ne nascose i cadaveri speranzosi di non aver allertato il paese intero. Mentre la notte iniziava ad ammantare la pianura intera, il gruppo si apprestava a entrare in città, pronto ad affrontare qualsiasi ostacolo pur di terminare la missione.

La neve continuava a cadere davanti alle porte di Ambrador mentre il gruppo in missione si organizzava per nascondere le tracce dell'aggressione alle guardie della città. la discussione su cosa farne dei tre corpi esanimi era accesa ma il tempo passava rapidamente e le altre guardie sembravano essere state allertate dai rumori sospetti. In un men che non si dica una sentinella si affacciò al portone e si diresse verso il gruppo e scambiando Billi, ammantato e nascosto dalla tormenta di neve, per il capitano della veglia, insistette per capire cosa fosse successo sotto le mura. Dopo diversi tentativi la guardia tornò sui suoi passi scongiurando il peggio. Pochi attimi prima un mercante di cipolle che tornava verso casa, capitò a fagiuolo per dare una mano a spostare i cadaveri. Stranamente non fece troppe domande, si limitò a disprezzare i soldati e a fornire il suo carretto come mezzo di trasloco. Nascosti per bene i corpi si offrì di unirsi al gruppo e fare da guida passando dalle fogne della città.

La puzza di reflui quasi scoraggiò il gruppo che, a parte l'arciere che ci sguazzava in allegria, arrancava con difficoltà. Il canale fognario era profondo, si inoltrava nella terra immergendosi nell'oscurità e dopo parecchi metri finiva su una grande grata di acciaio e una scivolosa scala a chiocciola. La sensazione di essere seguiti cresceva nel gruppo ad ogni passo strascicato nella melma. Un ratto di fogna gigantesco li braccava nel buio. La bestia enorme grossa quanto Zolfo e vorace quanto Brom attaccò all'improvviso inerpicandosi perfino sulla scala a chiocciola con l'intento di trascinare un malcapitato nella sua tana e divorarlo. Chiusa l'uscita della scala con un grosso tombino assicurato con pesanti pietre, il gruppo si guardò intorno mentre lo squittio furibondo del ratto andava affievolendosi. Si trovavano in un vecchio magazzino di una miniera abbandonata che risaliva in superfice sin dentro la città presumibilmente. La risalita fu breve ma si bloccó alla vista di una vedetta che pareva a guardia dell'ingresso del tunnel.

Il destino della vedetta a guardia della galleria era segnato. Con poche mosse fulminee fu trascinata in un antro, interrogato, un poco seviziato e infine ucciso senza pietà dal chierico sotto consiglio dell'arciere orbo. Le informazioni ottenute dal soldato avevano scosso il gruppo. Poco fuori dalla galleria, nella piazza principale di Ambrador, una grande folla festeggiava l'elezione del nuovo gran sacerdote di Toras. Sul palco l'abate della città arringava la folla e si esibiva in grandi ricami discorsivi sulla nuova alleanza tra il sacro culto e le divinità del Nord, uniti per combattere la fine del mondo e il potere di Aldir. A conclusione del discorso una divinità nordica comparve sul grande palco dando sfoggio dei suoi poteri infiammando i cuori dei presenti che all'unisono iniziarono a invocare la guerra contro Aldir l'immortale e la schiera dei suoi servitori.

La città era una polveriera, i sacerdoti del fuoco erano ovunque per le strade e le guardie cittadine erano attente e all'erta contro possibili disordini. Fellons, l'obbiettivo della missione, finito il discorso di chiusura non si fermò nella piazza tra i suoi adepti, ma decise di tornare all'abazia a concludere i suoi affari. Per il gruppo si manifestò l'occasione giusta di avvicinarsi all'abate. Con i cappucci calati sul volto si mescolarono alla folla. Hawkeye, infervorato dalla situazione, si calò un po' troppo nella parte e rischiò di attirare attenzioni indesiderate inneggiando alla guerra e alla morte con più fervore del dovuto. Superata la folla festante, il gruppo si trovò davanti alle strade deserte della città. Fellons aveva appena girato l'angolo verso un vicolo che costeggiava l'abazia e non pareva che anima viva potesse intervenire. L'inseguimento fu breve, svoltato l'angolo le tracce del sacerdote andavano scomparendo e una strana nebbia aveva iniziato a inondare il vicolo, coprendo i dettagli della strada che sembrava quasi senza fine. L'abate era sparito, le tracce del suo paesaggio erano nascoste agli occhi del gruppo e uno strano grosso corvo sorvolava le loro teste. Il pennuto poggiandosi sul selciato trasmutò la propria forma. Un energumeno con le iridi blu, i capelli biondi e un grande martello appeso alla muscolosa schiena pronunciò con una voce profonda e ultraterrena parole di avvertimento.

Aldir era il male, la sua missione avrebbe portato il mondo alla distruzione e tutti i mortali avrebbero patito dolori e sofferenze, bramando la morte come una liberazione. Intimò al gruppo di desistere dalla missione di rapimento, avvisandoli che le divinità del Nord erano a conoscenza di tutti i loro piani e non avrebbero permesso loro di proseguire in quella pazzia. Il gruppo si trovava diviso, non tutti erano convinti delle parole di quello che si era presentato come Thor, figlio di Odin, padrone delle tempeste e custode del Mjolnir, il martello del tuono. Da una parte Dagomar, irretito dall'atteggiamento di Botark, voleva indagare sulla versione del dio, dall'altra Billi e hawkeye avrebbero voluto vederlo friggere insieme ai fulmini di cui andava così fiero. Consegnato l'avvertimento corredato di minacce di morte, Thor di dissolse e scomparve alla loro vista. Nonostante il timore e i dubbi, la missione non venne abbandonata, l'abate doveva essere rapito e portato al cospetto di Botark, come la caccia pretendeva.

Dal fondo del vicolo però grosse sfere infuocate iniziarono a bombardare i malcapitati. Le palle di fuoco esplodevano al contatto ustionando chiunque venisse toccato dalle vampate. Contemporaneamente un grosso fulmine toccò terra in mezzo al gruppo folgorando e scaraventando a distanza i presenti. Fellons, con le braccia tese evocava potenti incantesimi di fuoco. L'abate, capo dei sacerdoti di Toras di Ambrador, manipolatori delle fiamme sacre, stava scatenando una tempesta infuocata con l'intento di incenerire i suoi aguzzini. Ridotti in malo modo, alcuni membri del gruppo intrapresero un tentativo di mediazione con il prete, convincendolo a cessare l'attacco e dandogli una speranza di dialogo. La sua richiesta era semplice. Porgendo la pietra dell'evocatore ai due chierici, Fellons li scongiurò di catturare l'anima di Aldir (Botark) e di consegnarla al Sacro culto e di mettere fine a quella pazzia in maniera incondizionata.

Il siparietto fu bruscamente interrotto da Billi che con crescente rabbia aveva rilasciato la volontà del Falkras dando sfogo all'anima Mannara. Il sacerdote alla vista del Lycan maledisse Aldir e l'empio essere e si preparò a combattere. Lo scontro fu veloce, nonostante la sua potenza l'abate poco poté fare contro i guerrieri della taverna e il Farkras intenzionato a farlo soffrire. Tagliato, ferito, bruciato, menato e livido, Fellons cadde svenuto, sfinito da un'enorme colonna di fiamme evocata da Dagomar. Gli altri dovettero convincere il mannaro a non mutilarne il corpo, anche se la sua rabbia verso l'abate non scemava. Da lontano un vociare concitato si avvicinava attirato dai rumori dello scontro. Billi, avvertendo il pericolo, prese il monaco svenuto e arrampicandosi tra i tetti arrivò in pochi balzi a superare la cinta di Ambrador e raggiungere la pianura imbiancata di neve. Un lungo potente ululato rivolto alle lune gemelle segnalò che la missione era completata e che potevano tornare a casa. La caccia era conclusa. Botark li aspettava poco lontano sulle colline ferrose, nella grotta che aveva ospitato Aldir nello scorso futuro. Il Lycan lo raggiunse in un baleno e depose Fellons ai suoi piedi prima di riacquistare le fattezze umane. Le energie parevano scivolate via dal corpo del ragazzo che si mise in un angolo senza fiatare mentre Botark svegliava il prete a sonore pedate. Come premio per il successo ottenuto in missione e in segno di gratitudine per la lealtà dimostrata, il vecchio stregone offrì a Billi un dono prezioso. La possibilità di sciogliere la maledizione e liberarsi del mannaro esisteva e la pozione che Botark porse al ragazzo era la soluzione. Billi dopo averci ragionato su si allontanò sotto l'approvazione soddisfatta del Taverniere che felice della scelta del ragazzo si riconcentrò sul prete che iniziava a riprendere coscienza.

La cavalcata fino a Grosten fu breve e silenziosa, il gruppo galoppava senza proferire parola nella notte mentre ad Ambrador un dio nordico raccoglieva la pietra dell'evocatore nel punto dove era stata abbandonata durante lo scontro. Lo sguardo di Thor, l'euforia di Botark, il dolore di Fellons, il freddo pungente del vento che dal mare soffiava delicato e il rumore degli zoccoli sul ciottolato davanti alla taverna facevano da cornice all'inizio di una nuova era. Il susseguirsi degli eventi aveva innescato una reazione a catena che portava verso l'ordalia divina, il Ragnarok e la fine del mondo conosciuto. La taverna, dopo l'avventura di Ambrador, pareva quasi sopita nella routine giornaliera ma il dado era ormai tratto e la guerra incombeva su tutta la regione. In pochi giorni arrivò la convocazione a Castel Montenero da parte di re Morein. La Bloody Mary ancora una volta venne allestita per il combattimento con uno scafo frangi ghiaccio e rivestita della cuoio draconico ignifugo. Il viaggio verso nord, tra le lastre di ghiaccio che ricoprivano l'acqua lungo la costa, fu veloce e taciturno ma arrivati al porto di Montenero uno spettacolo memorabile li attendeva.

Centinaia di navi, galeoni e barcacce da guerra adornavano l'ingresso alla baia. La ciurma della Blackmaria passò la notte serena fino all'arrivo all'alba di una fortezza galleggiante talmente grossa da bloccare l'entrata al porto. I sacerdoti del fuoco sacro erano arrivati e la loro presenza aveva reso l'atmosfera pesante. La scorta di castel Montenero si presentò al molo adornata di nere armature per accompagnare la delegazione della Taverna all'incontro con la corte. Il porto di Montenero era mastodontico ma il GünterBridge, il ponte che lo separava dalla città, lasciava senza fiato chi lo attraversava per la prima volta. Su ogni lato della struttura, sospesa a decine di metri di altezza, si ergevano abitazioni, botteghe e fortificazioni militari, tutte costruite in puro stile gotico di pietra e acciaio nerissimi. Pareva una piccola cittadina per quanto era adornata di costruzioni e viva di persone che quella mattina si erano riversate in strada a centinaia per raggiungere la Kaisersquare.

Il tratto dal ponte alla piazza centrale della città venne rallentato dalla folla e innervosito dai soldati di Montenero che mal sopportavano i pirati di Geosten, amici o nemici che fossero. Il re, al centro dell'enorme piazzale, aspettava che ogni angolo della Kaisersquare si riempisse di soldati, donne, uomini e perfino bambini. Le sue parole ad un tratto risuonarono potenti, amplificate dalle costruzioni intorno alla piazza. Incitava alla fratellanza che accomuna tutti gli abitanti dell'isola di ferro, da nord a sud, da est a ovest senza eccezione alcuna. La fratellanza che li avrebbe portati a combattere uno accanto all'atro nella guerra oltre il mare, per Valle Smeraldo e per Pietrarunica.


A quelle parole una lunga fila di sacerdoti si fece largo tra la folla e una donna bellissima quanto inquietante che si riconosceva come il nuovo Gran Sacerdote del fuoco sacro di Toras occupò il posto accanto al Re. Nonostante si presentasse come alleata e amica, ben presto le intenzione della sacerdotessa divennero chiare. La convocazione a Montenero si rivelò una trappola ben congeniata dall'ordine di Pietrarunica per radunare le forze armate dell'isola per la carneficina finale. I sacerdoti iniziarono a serrare i ranghi e le parole della donna terrorizzarono la città. Il momento era arrivato, la fine del mondo e la purificazione di tutte le anime tramite il fuoco sacro era imminente.

Le fiamme di Toras avrebbero ripulito dai peccati l'umanità e ristabilito l'ordine sacro secondo le scritture. Così dicendo il Gran sacerdote mutò la sua forma in un gigantesco drago rosso diverse volte più grande di Aldir, più alto delle appuntite mura della città. Le fiamme purificatrici distrussero in pochi minuti tutta la città, carbonizzando le persone che si trovavano sulla traiettoria della fiamme. Il ferro delle mura si scioglieva al calore del fuoco rendendo la piazza un paloscenico infernale.

Re Morein, con l'aiuto dei guerrieri della Taverna riuscì a divincolarsi e a scappare verso la campagna in direzione di Ambrador, mentre al porto la grossa nave da battaglia dei sacerdoti affondava col fuoco tutti i vascelli ancorati bloccando l'entrata della baia. Soltanto la BlackMaria, agile e protetta dalla copertura ignifuga, riuscì a guadagnare il mare aperto e a dirigersi verso Grosten a vele spiegate. Il resto della ciurma rimasta a piedi intraprese il viaggio verso casa a piedi o con carretti di fortuna, ogni tanto voltandosi verso la capitale dell'isola che veniva devastata da Toras e dai suoi adepti. All'arrivo a Grosten qualche giorno dopo trovarono una città in allerta, le notizie correvano per tutta l'isola raccontando di fuoco e morte. Il porto con le poche navi rimaste dalla battaglia con i sacerdoti era desolante e all'orizzonte una nube rossa infuocata arrivava a gran velocità verso sud superande le colline ferrose. Alla Taverna si radunavano mano a mano tutti gli esuli fuggiti a piedi attraverso le campagne e mentre Botark organizzava la difesa della città, le campane iniziavano a suonare l'allerta e i soldati si preparavano all'assalto.

La nube fiammeggiante si abbatté su Grosten a velocità drago. Dall'interno delle nubi di vapore, Toras scatenò ancora una volta l'inferno. Un vento ustionante travolse la città, i vicoli e le vie fino ad arrivare giu al porto. Chi non aveva trovato riparo si trovava a terra carbonizzato. La taverna si mobilitò immediatamente, le baliste e gli scorpioni furono caricati e armati, le spade e gli scudi dei guerrieri riflettevano la luce rossa delle fiamme che si avvicinavano inesorabili. Mentre i maghi e i chierici si concentravano per incanalare il flusso, Botark prese posizione davanti al cancello, tramutandosi in Aldir all'arrivo di Toras.

Lo scontro fu terribile. Dio contro dio, la luce contro il fuoco sacro. I due draghi si scontrarono in un vortice di fiamme e artigli, un turbine che saliva verso il cielo e ripiombava a terra senza che qualcuno potesse farci nulla. In pochi minuti la battaglia si concluse. Aldir ferito a morte si accasciò in terra mentre i guerrieri della taverna si lanciavano a sua difesa. A uno a uno morirono tutti, uomini, mezzelfi e nani. Trucidati senza pietà dal drago sacro nel giorno del Ragnarok, come predetto dalle megere. Soltanto il Farkras rimaneva in piedi, da solo contro Toras, mentre intorno a lui la sua casa, i suoi amici e la sua famiglia erano scomparsi per sempre. Nella disperazione le parole di Botark gli rimbombarono nelle tempie. Il sangue di Aldir scorreva nelle sue vene lo collegava a tutti i suoi compagni con un patto infrangibile. Soltanto un grande sacrificio avrebbe potuto riunire le loro anime e far risorgere il potere di manovrare il tempo. 

Dopo pochi attimi di esitazione il Farkras emise un potentissimo ululato verso Toras che lo puntava a gran velocità e si trafisse il cuore con i suoi stessi artigli. Contro le sue aspettative la sua anima non lasciò il suo corpo ma tutto intorno a lui il moneo iniziò a mutare. Toras e Grosten in rovina scomparvero, smaterializzandosi in una forte luce.

Il ragazzo riaprì gli occhi davanti alla Taverna in una notte fresca di parecchio tempo prima. Il tempo aveva catapultato il mondo in una realtà parallela, un anno indietro, prima della grande guerra, prima di Toras e del Ragnarok.





Il flusso temporale li aveva riportati ad una felice normale giornata alla taverna, cancellando la memoria collettiva.


Avrebbero vissuto il nuovo ciclo ignari della sorte passata, riscrivendo da capo la loro storia e vivendo una nuova vita sotto il tetto della Taverna del drago...




Oppure...





ERA GIUNTA LA FINE!?!



.

..

...

....

.....

....

...

..

.

..

...

....

......



......

....

...

..

.


.






..

.


.






.





....O....


L'INIZIO


DI


UNA


NUOVA 


AVVENTURA???